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martedì 16 aprile 2013

MILANO: TUTTE LE SCUSE BUONE (ORA QUELLA DEI ROM ) PER NON RISOLVERE IL DRAMMA (DI TUTTI) DELLE CASE POPOLARI

Ci dispiace, ma dobbiamo parlare fuori dal coro. Non schierandoci con nessuno se non con la verità. Milano ha in comune, con le grandi metropoli l'annosa e irrisolta questione delle case popolari.Un diritto, quello dei meno abbienti, di avere un alloggio sociale, sembra diventato una chimera. Decine di migliaia le famiglie che l'hanno richiesta finora, una fila enorme. Pochissime quelle assegnate ogni anno. Tantissimi quelli che o non l'avranno mai o tra molto tempo.Poi i fenomeni di contorno: un canone che molti definiscono basso (ma se ciò sia vero occorrerebbe confrontarlo col reddito dell'inquilino), condizioni degli alloggi spesso pietose, senza manutenzione perchè non ci sono i soldi. Tanta morosità negli affitti, tante occupazioni abusive, alloggi in deroga concessi con modalità da sempre molto chiacchierate.I malumori di chi paga tutte le imposte perchè magari ha un reddito fisso, nei confronti di chi, lavorando in nero o avendo un lavoro autonomo, scavalca il primo pur pagando meno tasse del dovuto. I risentimenti degli italiani verso gli stranieri che spesso li sopravanzano in graduatoria e hanno la casa prima. Ma la vera mina vagante è la questione Rom. Se l'amministrazione è di centro destra, l'imperativo è: cacciarli. Ma l'Unione Europea ci ha condannati (giustamente) per violazione dei diritti umani . Se di centro sinistra : una politica di accoglienza che però ha dei prezzi amari: soldi per garantire strutture ai rom che stranamente arrivano prima di quelli destinati alle altre esigenze abitative dei residenti, paura per i campi sia per i quartieri adibiti a civili abitazioni che per le attività commerciali.
La cattiva politica (che abita dappertutto nei vari schieramenti) se ne approfitta per accampare scuse e per non risolvere i problemi. Si bada solo a soddisfare le pulsioni dei rispettivi elettorati, sperando di essere premiati alle prossime scadenze elettorali.
E' anche il fallimento della democrazia decentrata, per certi versi, in quanto è la dimostrazione che dal basso, nelle zone e nei comuni, i meccanismi di partecipazione non sono veramente efficienti e disgregano il tessuto democratico. Una guerra tra poveri, come tante, che nasce e si sviluppa nella capitale economica del Paese. Una vergogna, senza giustificazioni, perchè non vi sono ostacoli al libero esplicarsi delle prerogative di governo delle maggioranze che reggono le amministrazioni locali. Il sistema elettorale comunale è infatti unanimemente considerato come quello riuscito meglio, rispetto ad altri livelli istituzionali. Quindi non è un problema di governabilità ma di incapacità e di faziosità strumentale della classe politica e amministrativa locale. Le maggioranze si alternano ma tutte le scuse sono buone per non sistemare dal punto di vista abitativo tutti i cittadini bisognosi. Quello dei Rom è solo un pretesto per la polemica politica. Basterebbe copiare quanto fatto in altri paesi europei dove le problematiche del rapporto di questa comunità con il restante territorio sono state affrontate e risolte da anni.

giovedì 11 aprile 2013

AL VIA A MILANO IL PROCESSO PER L'AVVELENAMENTO DI UN FARMACISTA DA PARTE DI UN IMPRENDITORE DELL'AUTOTRASPORTO: IPOTESI INQUIETANTI AL VAGLIO DEI GIUDICI


Molti ricorderanno il fatto di cronaca che ebbe qualche tempo fa risonanza nazionale. L'anomalo omicidio, tramite avvelenamento, da parte di un imprenditore in difficoltà dell'”amico” farmacista.
La vicenda torna alla ribalta (lo testimonia l'articolo apparso ieri sulla cronaca milanese di Repubblica e che qui riportiamo) perchè è arrivato il momento dell'inizio del processo. Saranno i giudici a dirimere la questione e non sarà un compito facile. Certo, la linea difensiva dell'imprenditore scelta da parte dell'Avvocato Andrea Benzi, del Foro di Milano, se le gravi ipotesi che innanzitutto la Squadra Mobile ha avanzato (delitto consumatosi all'interno di un giro di usura in cui sono coinvolti anche pregiudicati appartenenti a clan mafiosi) saranno confermate dai giudici , non potrà non dipingere anche un preoccupante affresco delle condizioni nelle quali la piccola impresa oggi si trova a operare nel nostro Paese, in particolare al nord. L'imprenditore, Gianfranco Bona, era a capo di una impresa dell'autotrasporto che contava una ventina di dipendenti. Il nostro Sindacato, l'AGL, si è adoperato in prima persona, nei mesi scorsi, tramite accordi individuali stipulati in sede sindacale, affinchè per i lavoratori fosse garantita una uscita indolore dall'azienda ormai cessata e a rischio di fallimento. Una vicenda amarissima che dimostra come due questioni, pur da tempo all'ordine del giorno della polemica politica (le Pubbliche Amministrazioni che non saldano i propri debiti con le imprese fornitrici e il ruolo sconcertante da parte del sistema bancario nel creare più difficoltà possibili al sistema delle imprese e ai suoi lavoratori) irrisolte per mancanza di volontà da parte di chi ha governato finora il Paese, stanno mietendo vittime (pensiamo ai suicidi) tra imprenditori, professionisti e soprattutto i lavoratori e le loro famiglie che finiscono sul lastrico. In Italia si suol dire che il potere pubblico si muove tardi sulle situazioni più a rischio e solo quando ci scappa il morto. Ecco, qui non solo i morti ci sono da mesi ma abbiamo l'impressione che un po' tutti ci stiamo facendo l'abitudine. Non solo quindi un paese in decadenza per la crisi globale ma, purtroppo , un'Italia che sta sempre più sprofondando nell'indifferenza, nella violenza e nella barbarie. Inutile dire che se è la mafia l'unico prodotto italiano per il quale va a gonfie vele sia l'esportazione (valga a dimostrarlo l'ultimo libro di Saviano in cui si osserva che il modello italiano è sempre più il punto di riferimento per le più spietate cosche nel mondo) sia il mercato interno (assieme all'usura può entrare nelle vite di tutti, come questo fatto di cronaca conferma) allora sono in pericolo la convivenza civile e la democrazia. E significa pure che la spinta propulsiva delle vecchie associazioni anti mafia e anti usura forse si è esaurita e finalmente è arrivata l'ora che ogni partito, ogni sindacato (come noi dell'AGL), ogni organizzazione datoriale, ogni ordine professionale debba prendere in mano queste bandiere, senza più delegarle ad avanguardie solitarie.