da AFFARI ITALIANI
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Tutti oltre confine/ Le Pmi italiane delocalizzano in Svizzera. A Berna il
fisco è market-friendly
Lunedì, 17 dicembre 2012 - 08:51:00
Di Guido Beltrame* La notizia viene data quasi
sottovoce da un funzionario della dogana, difficile verificarla, improbabile che
sia inventata. Ogni giorno lavorativo, dieci camion carichi di
mobili da ufficio valicano il confine tra Italia e Svizzera. Sono
aziende italiane che delocalizzano o si trasferiscono
completamente. Certo, non vale l'equivalenza "un camion = una società",
ma fossero anche solo 2 società al giorno i numeri dovrebbero far
riflettere… E invece, per comodità o - peggio - per voluta
disinformazione, qualcuno continua a sostenere che chi si trasferisce in
Svizzera lo fa solo per pagare meno tasse o, ancora peggio, per frodare
il fisco italiano. Una bella scusa per non voler ammettere e
riconoscere le debolezze, le lacune, i tumori del sistema
Italia.
Arriviamo subito al punto: il carico fiscale è,
sì, inferiore in Svizzera rispetto all'Italia (ormai arrivata al top delle
classifiche mondiali, quindi quasi qualsiasi Paese è più conveniente dal
punto di vista fiscale del nostro), ma quello che attrae gli
imprenditori italiani ad andare oltre confine con le loro aziende (o parte di
esse) sono anche, se non soprattutto, altri fattori: certezza delle
regole, burocrazia ridotta al minimo, funzionari pubblici collaborativi
e non, nella maggior parte dei casi, svogliati o addirittura
incredibilmente contrari a tutte le possibili soluzioni dei
problemi.
Partiamo dal fisco. In Svizzera, ci sono poche
e chiare regole. Se avete un dubbio o un problema si contatta
l'ufficio di tassazione e lo si risolve insieme, collaborando
senza prese di posizione preconcette. Il contribuente è l'anello fondamentale
della catena, non la vittima sacrificale. Si arriva, persino,
in alcuni casi a preconcordare quante tasse il contribuente/società
dovrà versare. Una volta versata la somma concordata non ci saranno
controlli ulteriori, nessuno studio di settore, redditometro o ispezione.
Annualità chiusa e avanti per l'anno successivo. La collaborazione e
l'accordo preventivo fanno in modo che il contenzioso tributario sia ridotto
praticamente a livelli minimi con un gran beneficio per le casse della
Pubblica Amministrazione. In Italia nel 2011 sono stati eseguiti quasi
700.000 accertamenti. Peccato, poi, che agli accertamenti non faccia
seguito un effettivo beneficio per le casse dello Stato.
Le statistiche
dicono che, in Italia, in secondo grado (oltre, c'è la Cassazione con costi di
difesa spesso insostenibili o non ragionevoli per il contribuente - non per il
fisco che è difeso "gratis" dallo Stato) il contribuente ha totalmente ragione
nel 45% dei casi, nel 9% dei casi il contribuente ha ragione parzialmente, il
fisco vince completamente nel 41% mentre il restante 5% dei casi (fonte
Ministero Economia e Finanze) il contenzioso ha un altro esito (difficile
da capire quale possa essere…). Considerando, inoltre, che quasi sempre
le spese di giudizio vengono compensate tra le parti, si deve concludere
che il contribuente italiano è indubbiamente vessato dal fisco. Chi di
noi, se sbagliasse il 50% delle sue scelte nel lavoro, riuscirebbe a
sopravvivere? Probabilmente dovrebbe cambiare lavoro. I dirigenti e i
funzionari del fisco sono ben più fortunati dei comuni mortali: sbagliano una
mossa su due, e nessuno gli muove la benchè minima critica. Non solo,
ma i costi di questa enorme macchina burocratica legata al contenzioso,
non appesantiscono forse il bilancio dello
Stato?
*L'autore è un dottore commercialista che esercita
sia a Milano che a
Chiasso
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COMMENTO
ALP-AGL:
Questo articolo pensiamo
sia molto utile per far capire a tutti i dipendenti pubblici italiani quale sia
il terreno dove si gioca il loro futuro. Non le elezioni delle RSU che si
tengono ogni tre anni e che formano organismi che non contano nulla, non
l'iscrizione e l'attività per sindacati che, se rappresentativi, non esistono
nell'interesse dei lavoratori ma per gli scopi dei loro vertici che intrecciano
giochi perversi con certa parte della dirigenza pubblica e del mondo politico.
Non nel riscuotere, seppur con regolarità (fino a quando?) , quel misero
stipendio (compresi i FUA e le strampalate ripartizioni che se ne fanno) ormai
eroso fino all'osso e che consente a malapena di mangiare, non nello sperare in
una pensione pubblica che tra qualche anno sarà alleggerita fino a volare via,
non nella previdenza integrativa, concepita a uso e consumo di grandi sindacati,
compagnie assicurative e banche che vogliono esercitarsi a fare gli speculatori
di borsa con le vostre liquidazioni, facendovele sparire. Non nell'ossequiare un
dirigente per il quale voi siete solo dei soldatini da mettere in campo per
continuare ad avere titolo a sedere sulla propria poltrona.
L'unica maniera
per capovolgere questo amaro destino è entrare in rapporto diretto con cittadini
e imprese, capire le loro esigenze, collaborare tutti per un nuovo Stato, una
nuova Pubblica Amministrazione, mandando in soffitta i vecchi Sindacati e i
vecchi Partiti che vi hanno usato, portato a questo punto e che tra poco vi
butteranno via.
Che il 2013 sia l'anno dal quale cominci la rimotivazione
personale e la capacità di riorganizzarsi in forme nuove. D'altronde, peggio di
così...