IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO Visto l'articolo 45, comma 1, della Costituzione; Visto il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577; Visto il decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale 18 luglio 1975, pubblicato per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 211 dell'8 agosto 1975, con il quale l'Unione nazionale cooperative italiane (U.N.C.I.) e' stata riconosciuta quale associazione nazionale di rappresentanza assistenza e tutela del movimento cooperativo, ai sensi e per gli effetti degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 1577 del 1947, e ne e' stato altresi' approvato il relativo statuto; Visti gli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 recante la riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, con i quali si attribuiscono al Ministero delle attivita' produttive le funzioni ed i compiti gia' di competenza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale in materia di cooperazione; Visto il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, ed in particolare l'articolo 1, comma 12, il quale dispone che la denominazione «Ministero dello sviluppo economico» sostituisce, ad ogni effetto e ovunque presente, la denominazione «Ministero delle attivita' produttive» in relazione alle funzioni gia' conferite a tale Dicastero; Visto l'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto; Visto l'articolo 3 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220 ed in particolare il comma 7, in forza del quale il Ministro delle attivita' produttive puo' revocare il riconoscimento alle Associazioni nazionali che non sono in grado di assolvere efficacemente le proprie funzioni di vigilanza sugli enti cooperativi associati; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 28 novembre 2008, n. 197, recante il regolamento di organizzazione del Ministero dello sviluppo economico; Vista la relazione del Direttore Generale per le piccole medie imprese e gli enti cooperativi, allegata alla nota prot. n. 121080 in data 17 luglio 2013, con la quale sono state segnalate perduranti problematiche ed inefficienze nell'attivita' di vigilanza dell'U.N.C.I. nei confronti delle cooperative associate, stante il persistere di una conflittualita' interna circa il soggetto titolato all'effettiva rappresentanza dell'associazione, manifestata dalla nomina di rappresentanti legali eletti in adunanze separate, indette di volta in volta da organi oggetto di contestazione, con deliberazioni impugnate in sede giurisdizionale che hanno determinato pronunce difformi e non definitive, rese in sede cautelare; Vista la relazione dei Sindaci dell'U.N.C.I. i quali nel mese di dicembre 2010 avevano segnalato un perdurante stato di immobilita' dell'attivita' amministrativa dell'Associazione di rappresentanza, a seguito del conflitto insorto in seno ai relativi organi statutari, il quale non consentiva un andamento ordinato della gestione amministrativa e associativa, con conseguente mancata approvazione del bilancio consuntivo 2009 e del bilancio preventivo 2010 nonche' delle quote associative per l'anno 2010, atti indispensabili per il corretto svolgimento della vita associativa; Viste le risultanze dell'attivita' di vigilanza svolta dal Ministero nei confronti dell'Associazione nell'anno 2011, che ha confermato irregolarita' gestionali consistenti nella mancata approvazione di bilanci, nelle intervenute modifiche statutarie in contrasto con le indicazioni ministeriali, nelle ricorrenti carenze nella redazione dei verbali di revisione da parte dei revisori incaricati dall'U.N.C.I.; Viste le diffide rivolte all'U.N.C.I. a disporre specifici correttivi nell'organizzazione dell'attivita' revisionale, da attuarsi mediante programmazione e realizzazione di attivita' formativa e di aggiornamento dei revisori, in esito alle quali sono pervenute risposte contrastanti dai diversi soggetti che rivendicavano, contemporaneamente ed in conflitto tra di loro, la titolarita' della qualita' di legale rappresentante dell'Associazione; Preso atto della corrispondenza intercorsa con la Prefettura di Roma - Ufficio territoriale del Governo, la quale attesta il perpetuarsi della situazione di forte conflitto, dovuto alle contrapposte richieste di iscrizione, quale rappresentante legale, nel registro prefettizio delle persone giuridiche, da parte di soggetti diversi, legittimati a seguito di successive pronunce, non definitive e non univoche, rese dal Tribunale Civile di Roma. In particolare, nel solo ultimo anno risulta che sulla base di successive assemblee congressuali e di distinti provvedimenti giudiziali la Prefettura di Roma ha proceduto ad iscrivere quale presidente legale rappresentante prima il Cav. Pasquale Amico, poi il Sig. Cosimo Mignogna, successivamente il Cav. Pasquale Amico e, da ultimo, in data 29 settembre 2013, il Sig. Cosimo Mignogna; Vista la nota del Sindacato FE.S.I.C.A., pervenuta in data 13 settembre 2012, con la quale si segnala al Ministero l'assenza di certezze circa l'effettiva titolarita' della rappresentanza legale dell'U.N.C.I., ribadita con successiva nota dello stesso Sindacato del 15 marzo 2013, con la quale si rinnova la richiesta di chiarimenti sul soggetto titolato a rappresentare l'Associazione in giudizio, nel procedimento di opposizione al licenziamento di dipendenti in servizio presso la sede nazionale di U.N.C.I.; Tenuto conto delle segnalazioni e richieste di chiarimenti rivolte al Ministero, provenienti da enti di natura pubblica e privata presso i quali l'U.N.C.I. ha designato propri rappresentanti, circa l'effettivita' della carica di rappresentante legale dell'Associazione medesima, stanti le contrastanti affermazioni provenienti da soggetti che assumono di essere titolati; Preso atto delle numerose pronunce rese dal Tribunale di Roma, dalle quali emerge un insanabile conflitto e la non univoca individuazione del rappresentante legale dell'U.N.C.I. ed in particolare: - ordinanza 27 aprile 2012, la quale rinvia alla inevitabile convocazione dell'assemblea degli associati l'adozione delle decisioni necessarie per risolvere le problematiche verificatesi e ripristinare un regolare sistema amministrativo; - ordinanza collegiale 19 giugno 2012 la quale riconosce la validita' della costituzione in giudizio dell'UNCI nella persona del rappresentante legale p.t. Pasquale Amico; - ordinanza 27 luglio 2012, giudice dott.ssa Buonocore, con la quale e' stato ingiunto al prof. Paolo Galligioni di "immettere Amico Pasquale, quale neo nominato presidente dell'U.N.C.I. nella disponibilita' della documentazione e dei beni di pertinenza della predetta associazione e di consentire allo stesso il libero accesso alla sede dell'Ente, per l'espletamento delle funzioni di pertinenza; astenersi dal compimento di atti ed attivita' riservate, per legge o per statuto, al Presidente dell'U.N.C.I. o ad altro diverso organo dell'Associazione; astenersi dalla spendita della qualita' di presidente dell'U.N.C.I. nei rapporti con gli associati ed i terzi"; - ordinanza 16 novembre 2012, giudice dott. Scerrato, con la quale e' stata rigettata l'istanza di sospensione della delibera congressuale del 24 marzo 2012 che ha eletto il Cav. Amico a Presidente dell'U.N.C.I., confermata con successiva ordinanza collegiale del 6 febbraio 2013; - ordinanza del 10 gennaio 2013, giudice dott.ssa Dell'Orfano, che ha dichiarato la piena regolarita' di tutti gli atti prodromici al congresso del 24 marzo 2012, riguardante l'elezione del Cav. Pasquale Amico quale presidente e legale rappresentante dell'U.N.C.I.; - sentenza n. 16217 dell'11 giugno 2013, depositata in data 22 luglio 2013, con la quale il Tribunale di Roma - III Sezione Civile, ha accertato che lo statuto dell'U.N.C.I. da applicare e' quello del 2000, dichiarando altresi' nulla la deliberazione del Consiglio Generale U.N.C.I. del 23 giugno 2010 con cui venne fissata la convocazione del Congresso nazionale straordinario dell'Associazione ed approvato il relativo regolamento congressuale. Sulla base di detto provvedimento giudiziale e del congresso straordinario del 15 luglio 2013, la Prefettura di Roma ha provveduto ad iscrivere nel registro delle persone giuridiche il signor Mignogna Cosimo quale presidente e legale rappresentante dell'U.N.C.I.; - ordinanza del Tribunale Civile di Roma, Sezione III, giudice dott.ssa Libri, del 29 luglio 2013 con la quale e' stata in via preliminare rilevata l'infondatezza della eccezione di difetto di legittimazione passiva dell'U.N.C.I., rappresentata dal Cav. Amico, sul presupposto della spettanza a costui della carica di presidente dell'U.N.C.I., a seguito dell'elezione del 24 marzo 2012; Vista la comunicazione dell'avvio del procedimento di revoca di cui alla nota prot. n. 145274 in data 6 settembre 2013; Valutate le argomentazioni formulate mediante deposito di documentazione prodotta nel corso della accordata audizione delle parti controinteressate svoltasi in data 18 settembre 2013; Vista la successiva nota prot. n. 161545 in data 3 ottobre 2013 con la quale l'Amministrazione ha comunicato la sospensione per trenta giorni, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, della legge 7 agosto 1990, n. 241 del termine finale del procedimento di revoca; Preso atto altresi' che, successivamente alla comunicazione del 3 ottobre 2013, inerente la sospensione del termine finale del procedimento di revoca, in data 18 ottobre 2013 veniva richiesto all'U.N.C.I. un aggiornamento di notizie circa l'attivita' di vigilanza svolta; Preso atto che nel corso del procedimento di verifica dei presupposti per la revoca, il Cav. Amico ha ribadito l'avvenuta assegnazione di 3.403 incarichi di revisione cooperativa nell'anno 2013, con la conclusione di solo 296 di essi, ed il Sig. Mignogna ha dichiarato di aver autonomamente disposto l'effettuazione di circa 1.500 revisioni cooperative dietro segnalazione degli uffici regionali dell'Associazione, restando dunque acclarata l'incertezza sulla individuazione della carica di presidente e di soggetto legittimato all'attribuzione degli incarichi di revisione; Ritenuto che la predetta incertezza sulla individuazione della carica di presidente e di soggetto legittimato all'attribuzione degli incarichi di revisione incide sul corretto svolgimento dell'attivita' revisionale con possibili ripercussioni sugli esiti della stessa; Valutate le dichiarazioni e le osservazioni che le due parti hanno reso negli incontri tenuti presso la Direzione generale per le piccole e medie imprese e gli enti cooperativi, attraverso le quali e' stata ribadita da un lato l'impossibilita' di una soluzione stragiudiziale del perdurante conflitto, dall'altra la riproposizione dello sdoppiamento delle strutture sociali ed amministrative, fatti questi che rappresentano un evidente ostacolo alla corretta e serena gestione del rapporto associativo e revisionale con le cooperative aderenti; Considerato che tale perdurante incertezza nella titolarita' della "governance" associativa ostacola l'efficace svolgimento della attivita' revisionale nei confronti degli enti cooperativi associati e le relazioni con i soggetti istituzionali che hanno rapporti con l'U.N.C.I.; Preso atto che a causa della conflittualita' interna sono state fissate due distinte sedi sociali, ubicate in luoghi diversi, con conseguente indeterminatezza ai fini delle comunicazioni, notifiche e rapporti istituzionali; Considerato che la revoca del riconoscimento costituisce l'unico provvedimento previsto dalla legge come adottabile da parte della Amministrazione, in presenza di presupposti incidenti sullo svolgimento corretto ed efficiente della attivita' revisionale nei confronti delle societa' cooperative aderenti; Ritenuto che sussistono i presupposti di fatto e di diritto per l'adozione, ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 2 agosto 2002 n. 220, del provvedimento di revoca del riconoscimento dell'associazione U.N.C.I., atteso che la medesima Associazione non risulta essere piu' in grado di assolvere efficacemente alle funzioni di vigilanza sugli enti cooperativi associati, ad essa demandate; Considerato che il suddetto riconoscimento e' intervenuto con decreto ministeriale 18 luglio 1975, adottato ai sensi e per gli effetti degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, rilevando dunque sia ai fini della legittimazione allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza sia ai fini dell'acquisto della personalita' giuridica; Considerate le sopravvenute modifiche normative (articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto e articolo 3 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220) le quali circoscrivono il riconoscimento da parte di questo Ministero alla sola legittimazione allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza; Considerato che il presente provvedimento di revoca incide su di un riconoscimento, avvenuto in epoca antecedente alle suddette modifiche normative, che ha rivestito la duplice inscindibile valenza di legittimazione allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza e di acquisto della personalita' giuridica, e dunque deve valere per ogni effetto conseguente allo stesso riconoscimento; Visto l'articolo 11, comma 1, della legge 31 gennaio 1992, n. 59, il quale prevede che le associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo, riconosciute ai sensi dell'articolo 5 del citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni, e quelle riconosciute in base a leggi emanate da regioni a statuto speciale possono costituire fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, i quali possono essere gestiti senza scopo di lucro da societa' per azioni o da associazioni e sono alimentati ed incrementati ai sensi dei commi 4 e 5 del medesimo articolo 11; Considerato che l'U.N.C.I. ha costituito un fondo mutualistico gestito da Fondo per la promozione e lo sviluppo della cooperazione - Promocoop S.p.A.; Ritenuto di dover disporre circa gli aspetti conseguenziali alla revoca del riconoscimento dell'U.N.C.I.; Decreta Art. 1 1. Ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220, e' revocato ad ogni effetto il riconoscimento dell'Unione nazionale cooperative italiane (U.N.C.I.), quale associazione nazionale di rappresentanza e tutela del movimento cooperativo, di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 18 luglio 1975, adottato ai sensi degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577. Art. 2 1. A far data dalla pubblicazione del presente decreto, l'U.N.C.I. non e' piu' legittimato a ricevere alcun versamento di cui all'articolo 8 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 1577 del 1947, a titolo di contributo per l'attivita' revisionale da parte delle cooperative e degli enti mutualistici, quali individuati ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 220 del 2002. 2. A far data dalla suddetta pubblicazione, all'associazione U.N.C.I. e' fatto divieto di accettare versamenti relativi alle fattispecie di cui al comma 1, pena le responsabilita' configurabili alla stregua della normativa vigente. 3. Con successivo provvedimento saranno stabiliti criteri e modalita' per la definizione dei rapporti pendenti e per la individuazione delle risorse residue, acquisite per le attivita' revisionali, da versare al Bilancio entrata dello Stato, Capo XVIII, Capitolo 3592. Art. 3 1. A far data dalla pubblicazione del presente decreto, cessa la legittimazione della societa' Fondo per la promozione e lo sviluppo della cooperazione - Promocoop S.p.A., che gestisce il fondo mutualistico costituito dall'U.N.C.I. ai sensi dell'articolo 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, ad accettare versamenti e devoluzioni di cui al medesimo articolo 11, commi 4 e 5, rivenienti dalle societa' cooperative e dagli enti mutualistici quali individuati ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 220 del 2002. 2. A far data dalla suddetta pubblicazione, alla societa' Fondo per la promozione e lo sviluppo della cooperazione - Promocoop S.p.A. e' fatto divieto di accettare versamenti e devoluzioni relativi alle fattispecie di cui al comma 1, pena le responsabilita' configurabili alla stregua della normativa vigente. 3. Con successivo provvedimento saranno stabiliti criteri e modalita' per la definizione dei rapporti pendenti e per la individuazione delle risorse residue, acquisite per le finalita' di cui al citato articolo 11, da versare al Bilancio entrata dello Stato, Capo XVIII, Capitolo 3592. Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Avverso il presente provvedimento e' ammesso, entro 60 giorni, ricorso giurisdizionale dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ovvero, entro 120 giorni, ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 1199 del 1971. Roma, 22 novembre 2013 Il Ministro: Zanonato
martedì 3 dicembre 2013
COOPERATIVE: IL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETA LA FINE DELL'UNCI E DEL FONDO MUTUALISTICO PROMOCOOP
pubblicato sulla gazzetta ufficiale n.275 del 23 nov.2013
venerdì 29 novembre 2013
SABATO 30 NOVEMBRE 2013, ORE 17,30, MILANO, VIA DUCCIO DI BONINSEGNA 21/23 (MM1 BUONARROTI) CONFERENZA DEL PROF. FRANCESCO INGRAVALLE SU WERNER SOMBART "MERCANTI ED EROI"
Riceviamo dall'Avv. Andrea Benzi, Segretario Nazionale dell'ANVG Associazione Nazionale Volontari di Guerra e volentieri pubblichiamo, invitando tutti a partecipare numerosi.
AGL
"""""""""Ricordo a tutti l'evento culturale di sabato 30 novembre 2013, alle ore 17,30 presso la sala pubblica adiacente alla nostra sede di Milano, via Duccio di Boninsegna 21/23.
Sarà con noi il prof. Francesco Ingravalle dell'Università di Alessandria.
Ci parlerà del testo di Werner Sombart "Mercanti ed Eroi".
Per saperne di più sulla figura di Werner Sombart vi invito a leggere la relativa voce su wikipedia.
Ancora ricordo a tutti gli associati e simpatizzanti che il 30 novembre è il termine per il tesseramento 2013. Chi non ha rinnovato l'adesione all'Associazione e chi invece intendesse farlo, deve inviare un contributo di 30 euro all'IBAN sotto indicato (conto corrente postale intestato alla Federazione di Milano)IT 40 J 07601 01600 000037287208
Un saluto a tutti, vi aspetto aspetto sabato, non mancate.
Andrea Benzi
Presidente della Federazione di Milano dell'Associazione Nazionale Volontari di Guerra"""""""""
giovedì 14 novembre 2013
UNA PROPOSTA DEL SINDACATO DIRIGENTI DELL'AGL PER FAR FRONTE DA SUBITO ALLE NUOVE POVERTA': OGNI MESE, META' STIPENDIO DEL DIRIGENTE PUBBLICO MESSO A DISPOSIZIONE , VOLONTARIAMENTE, DEI SERVIZI SOCIALI DEL COMUNE DI RESIDENZA
E' notizia di oggi: per l'OCSE i dirigenti pubblici italiani sono i più pagati del mondo, quasi il triplo della media.
Nel frattempo diviene sempre più
insopportabile i fenomeno degli anziani che non riuscendo ad arrivare
alla fine del mese sono costretti a rovistare tra i rifiuti dei
mercati rionali e dei supermercati per mettere insieme un misero
pasto.
Come già avvenuto da parte di molti
calciatori che si sono ridotti lo stipendio per senso di
responsabilità in questa tremenda crisi, riteniamo che anche i
dirigenti pubblici italiani, non tutti responsabili di queste assurde
distorsioni retributive, debbano schierarsi dalla parte del Bene e
del Prossimo, dando per primi l'esempio. L'ADIR-AGL, nel continuare
ad auspicare la riforma della Pubblica Amministrazione e del sistema
pensionistico, certo di non immediata realizzazione, propone per
intanto a tutti i dirigenti pubblici italiani, nell'emergenza, di
destinare d'ora in poi, volontariamente, ogni mese, ai Servizi
Sociali del proprio Comune di residenza, metà del proprio stipendio.
Sapranno sicuramente questi Uffici destinare queste prime risorse a
chi veramente ne ha più urgente ed immediato bisogno. E chiediamo
che il Ministero della Funzione Pubblica renda noto l'elenco di quei
dirigenti che vorranno partecipare a questa iniziativa. Quanto ne
sarebbe importante il successo, per ridare credibilità alla
dirigenza, alla pubblica amministrazione e alla possibilità del
nostro Paese di riprendersi!
ADIR-AGL
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da www.ansa.it
“””””””””Ocse:dirigenti Pa Italia più pagati,quasi triplo media
solo per 28% cittadini fiducia in governo
14 novembre, 14:21
I senior manager della pubblica
amministrazione centrale italiana sono i più pagati dell'area Ocse,
con uno stipendio medio di 650 mila dollari, oltre 250 mila in più
dei secondi classificati (i neozelandesi con 397 mila dollari) e
quasi il triplo della media Ocse (232 mila dollari). Lo rileva
l'Ocse, con dati aggiornati al 2011. In Francia, un dirigente dello
stesso livello guadagna in media 260 mila dollari all'anno, in
Germania 231 mila e in Gran Bretagna 348 mila. Negli Stati Uniti, la
retribuzione media è di 275 mila dollari.
(...)”””””””””
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Se la pensione non basta la spesa si fa tra i rifiuti
Maria
Sorbi - Mer, 13/11/2013 - 07:14
“””””””Arriva mentre il mercato sta per sbaraccare,
attorno alle due del pomeriggio. Tanto la merce sui banchi non gli
interessa, è troppo cara. Lui va in cerca degli scarti tra i cumuli
di cassette di legno gettate negli angoli.
E lì trova sempre qualcosa: cespi di insalata ancora buona,
resti di cavoli e carciofi, qualche finocchio malconcio ma, tutto
sommato, mangiabile. Basta non fare troppo gli schizzinosi e la
spesa è fatta.
Così, al mercato-bene di via Cesariano, a pochi passi dall'Arena, fa provviste un anziano, habitué della zona. Non è un barbone, né uno che vive di stenti per la strada. È semplicemente uno a cui la pensione non basta, uno che tira a campare. E allora eccolo attraversare la doppia corsia di via Melzi d'Eril con la sua busta della spesa già usata e ripiegata chissà quante volte. La porta, ancora vuota, dietro la schiena, va di buon passo sulle sue Adidas con la para, si guarda attorno e un po' dissimula l'imbarazzo per la missione settimanale tra le bancarelle. Poi si china, fruga con pazienza tra gli scarti e scova frutta e verdura.
Nel frattempo gli ambulanti smontano i loro tendoni. «Non immagina quanta gente così c'è» commenta una venditrice mentre ritira le cassette di cachi ancora intonsi snobbati dalle sciure del quartiere. A sentire i fruttivendoli dietro alle bilance, sono parecchie le persone che vanno a fare la spesa tra i cumuli di rifiuti del mercato. Quelli dove nemmeno i cani chic dell'isolato si fermano a nasare qualcosa da addentare. Andrea e suo padre, che da una vita hanno un banco di primizie in via Cesariano, per risparmiare a tanta povera gente l'umiliazione di chinarsi a cercare qualche foglia di insalata di scarto, alla fine della giornata preparano un po' di sacchettini di verdura di seconda scelta o rimasta invenduta e li regalano a chi non può. «Guardi che anche le signore di un certo livello hanno dimezzato la spesa, mica soli i poveretti» commentano gli ambulanti. Insomma, prima le famiglie mandavano le colf a riempire sacchi di frutta esotica e verdure selezionatissime, ora hanno ridotto quantità e qualità.
«Lavoro in questo mercato da oltre dieci anni - conferma all'angolo un venditore mentre sistema i sacchi di noci - e devo ammettere che è un disastro. Non solo nell'ultimo anno le vendite sono calate ma ci sono sempre più persone, soprattutto anziani, che ci chiedono roba ammaccata pur di pagare meno. O che vanno a cercare tra le cassette da gettare via».
Questo accade in un mercato del centro. Ma le stesse scene si vedono ovunque: a Papiniano e, motivo in più, nei mercati di periferia. Idem all'Ortomercato il sabato mattina. A darcene conferma è Ketty Capra, in rappresentanza degli ortofrutticoli. «Ormai tra gli scarti non frugano più solo stranieri e barboni - racconta - ma anche persone che non diresti mai e tanti anziani. Spesso le famiglie, soprattutto alla fine del mese, ci chiedono se avanziamo qualcosa o se abbiamo roba di scarsa qualità per risparmiare un po'». La seconda scelta insomma è diventata merce preziosa. Tanto che anche gli ambulanti che vanno a rifornirsi in via Lombroso la comprano in quantità molto maggiori rispetto al passato. È una regola del mercato: l'offerta segue la crescita della domanda. “””””””””
Così, al mercato-bene di via Cesariano, a pochi passi dall'Arena, fa provviste un anziano, habitué della zona. Non è un barbone, né uno che vive di stenti per la strada. È semplicemente uno a cui la pensione non basta, uno che tira a campare. E allora eccolo attraversare la doppia corsia di via Melzi d'Eril con la sua busta della spesa già usata e ripiegata chissà quante volte. La porta, ancora vuota, dietro la schiena, va di buon passo sulle sue Adidas con la para, si guarda attorno e un po' dissimula l'imbarazzo per la missione settimanale tra le bancarelle. Poi si china, fruga con pazienza tra gli scarti e scova frutta e verdura.
Nel frattempo gli ambulanti smontano i loro tendoni. «Non immagina quanta gente così c'è» commenta una venditrice mentre ritira le cassette di cachi ancora intonsi snobbati dalle sciure del quartiere. A sentire i fruttivendoli dietro alle bilance, sono parecchie le persone che vanno a fare la spesa tra i cumuli di rifiuti del mercato. Quelli dove nemmeno i cani chic dell'isolato si fermano a nasare qualcosa da addentare. Andrea e suo padre, che da una vita hanno un banco di primizie in via Cesariano, per risparmiare a tanta povera gente l'umiliazione di chinarsi a cercare qualche foglia di insalata di scarto, alla fine della giornata preparano un po' di sacchettini di verdura di seconda scelta o rimasta invenduta e li regalano a chi non può. «Guardi che anche le signore di un certo livello hanno dimezzato la spesa, mica soli i poveretti» commentano gli ambulanti. Insomma, prima le famiglie mandavano le colf a riempire sacchi di frutta esotica e verdure selezionatissime, ora hanno ridotto quantità e qualità.
«Lavoro in questo mercato da oltre dieci anni - conferma all'angolo un venditore mentre sistema i sacchi di noci - e devo ammettere che è un disastro. Non solo nell'ultimo anno le vendite sono calate ma ci sono sempre più persone, soprattutto anziani, che ci chiedono roba ammaccata pur di pagare meno. O che vanno a cercare tra le cassette da gettare via».
Questo accade in un mercato del centro. Ma le stesse scene si vedono ovunque: a Papiniano e, motivo in più, nei mercati di periferia. Idem all'Ortomercato il sabato mattina. A darcene conferma è Ketty Capra, in rappresentanza degli ortofrutticoli. «Ormai tra gli scarti non frugano più solo stranieri e barboni - racconta - ma anche persone che non diresti mai e tanti anziani. Spesso le famiglie, soprattutto alla fine del mese, ci chiedono se avanziamo qualcosa o se abbiamo roba di scarsa qualità per risparmiare un po'». La seconda scelta insomma è diventata merce preziosa. Tanto che anche gli ambulanti che vanno a rifornirsi in via Lombroso la comprano in quantità molto maggiori rispetto al passato. È una regola del mercato: l'offerta segue la crescita della domanda. “””””””””
venerdì 8 novembre 2013
ALCOM-AGL: SOLIDARIETA' AI GIORNALISTI DELLA GAZZETTA DELLO SPORT IN SCIOPERO. MA PERCHE' NON SI SONO UNITI QUELLI DEL CORRIERE DELLA SERA?
Da www.gazzetta.it
La Gazzetta sciopera per due giorni
I motivi della scelta dei giornalisti
Milano, 06 novembre 2013
La Rcs decide di svendere la sede storica di via Solferino, ennesima operazione discutibile. Lo scandalo Recoletos e le altre mosse finanziarie che stanno portando al disfacimento una importante azienda editoriale
- Lo stabile di via Solferino: sede di Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport. Ansa
"""""""""Domani e venerdì la Gazzetta dello Sport non sarà in
edicola e il suo sito dalla mezzanotte di mercoledì non verrà
aggiornato. La redazione ha deciso di scioperare di fronte all'ennesimo
episodio di mala gestione da parte della proprietà e del management
dell'azienda. Ci voleva il ritorno della Fiat come azionista di
maggioranza del gruppo Rcs per assistere allo scempio della "svendita"
del palazzo storico di via Solferino e di quello di via San Marco a
Milano, deliberata mercoledì dal consiglio di amministrazione e
comunicata in tardissima ora sperando non facesse troppo rumore.
Un'operazione da 120 milioni di euro, a fronte di una
ristrutturazione recente costata 80 milioni e un affitto da versare agli
acquirenti che rende alla fine la plusvalenza quasi nulla. Soci e
manager continuano così nell'opera di disfacimento di un'importante
azienda editoriale dismettendo anche l'ultimo bene immobile in suo
possesso, garanzia quantomeno delle liquidazioni dei lavoratori. Con una
mano gli azionisti - dopo decenni di dividendi incassati - deliberano
l'aumento di capitale (reso necessario solo dai loro pasticci) mentre
con l'altra si rimettono in tasca qualcosa. Intanto abbattono senza
sosta i costi che non dovrebbero toccare, iniziando dai posti di lavoro
(370 persone in cassa integrazione, anticamera del licenziamento, nel
settore Periodici e robusti esuberi tra i Quotidiani) per arrivare alle
pagine di giornale. Ricette trite, perdenti e di brevissimo respiro.
Errori che partono da lontano ma hanno nomi e cognomi.
Dagli Anni 90, quando la stessa Fiat rifila a Rcs la Fabbri decotta
facendosela pagare ampiamente (risultato: zavorra di debiti e svariati
posti di lavoro in fumo). Per arrivare alla fallimentare operazione
spagnola per l'acquisto di Recoletos nel 2007, che definire torbida è
poco. Vittorio Colao, ultimo manager indipendente di questa azienda,
boccia l'acquisto. E allora cosa fanno gli azionisti? Via Colao e dentro
Antonello Perricone, "suggerito" da Luca di Montezemolo. Immediato
semaforo verde per la frittata spagnola, con un'azienda già in crisi
strapagata 1.100 milioni di euro. Dopo di che, al termine di un lustro
di vuoto pneumatico in termini di idee e investimenti, Perricone saluta
portandosi via una lautissima e clamorosamente immeritata buonuscita da
3,4 milioni di euro. Dove finisce? A fare l'amministratore delegato di
Italo, il treno di Montezemolo e Della Valle...
Subentra un nuovo management che, ovviamente, taglia con la
scure e mette insieme un piano triennale che annuncia investimenti
multimediali e obiettivi quantomeno ambiziosi. Un anno è già passato e
di investimenti non s'è vista nemmeno l'ombra. Si sono invece viste solo
mosse finanziarie, parecchio discutibili. Che tristezza. Pensavamo che
qui si facessero giornali, non operazioni di acrobazia economica o
giochetti per contare nelle stanze del potere. E vi raccomandiamo le
banche. Prontissime a finanziare Tronchetti Provera (amico azionista,
naturalmente) per riprendersi il controllo della Pirelli con soldi non
suoi, ma incapaci di dare fiato al primo gruppo editoriale italiano,
salvaguardando la sua indipendenza e garantendo il suo sviluppo.
Infine una riflessione anche per il sindaco Pisapia, che
non ha speso una parola sulla vicenda. Come se un privato comprasse la
Scala e il primo cittadino di Milano se ne stesse zitto e lontano.
Quando tra qualche anno in sala Albertini ci faranno feste in stile
Billionaire magari verrà invitato anche lui. Dovrebbe, insieme a tutti
gli altri, provare a pensare a quando i giornalisti, seppur pesantemente
sollecitati, non se ne andarono da questo edificio in tempo di Guerra. E
a quando, durante la Resistenza, tra le rotative si nascondevano le
armi per combattere fascisti e nazisti. Forse qualcuno riuscirà a capire
perché mettere la storia in mano a un fondo speculativo immobiliare
americano è una vergogna.
Il comitato di redazione della Gazzetta dello Sport"""""""""
domenica 13 ottobre 2013
EXPO 2015: LA FOGLIA DI FICO DEI SINDACATI CONFEDERALI E’ TRASPARENTE
E’ con profonda delusione che stiamo assistendo , in questi
mesi che ci stanno avvicinando all’Expo 2015, alla squallida e piatta
convergenza di ogni forza politica su un ‘ uniforme vulgata riguardante i
presunti benefici occupazionali di questa manifestazione.
Chi ancora perde tempo a seguire le occasioni pubbliche in
cui compaiono i politici avrà notato come questi siano assidui e immancabili
frequentatori delle innaugurazioni, di qualsiasi opera si tratti, fosse pure di
un nuovo vespasiano di plastica in un giardinetto pubblico.
E’ frutto cio’ della deteriore americanizzazione all’italiana
della vita politica, nella quale la scadenza elettorale e la poltrona da
occupare pro tempore sono diventate tutto.
E l’expo 2015 non sta sfuggendo a questa regola. Ci
piacerebbe prendercela solo con i politici, ma non puo’ bastare, poiche’ i
sindacati confederali sono da tempo in prima fila in questa messa in scena.
Sarebbe facile, quasi come sparare sulla croce rossa,
esprimere timori su quali garanzie possa dare un governo regionale diretto da
una forza politica che sappiamo quali prove abbia dato di saper essere davvero
impermeabile alle infiltrazioni della criminalita’ organizzata.
Ma anche se volessimo dare a questo assetto di governo una
seconda chance, non ci pare sia poi stata operata una netta cesura in relazione
alla travagliata storia avuta dall’apparato politico chiamato a gestire
commissarialmente l’organizzazione della manifestazione. Non possiamo, ad
esempio, dimenticare che le cose dal 2008 hanno cominciato a muoversi solo a partire da quando
, nel 2013 l’attuale amministratore ha visto venir meno la presenza di un
commissario generale pluriindagato per un lungo periodo e nonostante questo
rimasto in sella.
Ma non intendiamo imbastire la solita polemica sul fatto che
determinati appalti siano stati comunque, nonostante le buone intenzioni,
inquinati dalla presenza di entità imprenditoriali oggetto tuttora di
accertamenti da parte dell’autorità giudiziaria.
I posti di lavoro, come il denaro, non profumano. Potrebbe
scaturire buona occupazione anche per opera di imprese discutibili. L’importante
e’ che quando determinati imprenditori vengono arrestati il soggetto pubblico
non pensi solo a metterli in galera e a sequestrare ma a mettere in condizione
nuovi soggetti puliti di subentrare e far ripartire i lavori, nell’interesse
anche del mantenimento dei livelli occupazionali.
E qui e’ il primo punto storicamente debole della politica e
del sindacalismo italiano, incapace di far pesare la propria forza per
impedire, ad esempio, che quando questi obbligati passaggi di mano debbano
avvenire cio’ accada nella certezza dell’assenza di conflitti di interesse.
Facendo quindi pensar male ossia immaginare che qualche prudenza sia dettata da
legami non chiari con le precedenti gestioni improvvisamente interrotte dall’intervento
della Magistratura. L’esempio dell’ILVA e’ fin troppo vicino ed istruttivo.
Cosa non ci piace dell’intervento sindacale che ha prodotto la
firma a fine luglio tra Expo 2015 e Triplice sindacale del protocollo sul Sito
Espositivo che frutterà i seguenti posti di lavoro: 340 apprendisti, 195 stagisti
e 18.500 volontari?
Non tanto il realismo. Sappiamo bene che e’ dovere di
qualsiasi sindacalista, nelle condizioni date, adoperarsi affinche’ qualcosa si muova. Meglio anche
pochi posti di lavoro, anche se precari, che il deserto assoluto e la
delocalizzazione che poi significa sfruttamento di altri lavoratori.
Ma qui si e’ davvero esagerato e in maniera scandalosa. L’adozione
di quelle tipologie di impiego e solo di quelle snatura ogni visione avanzata
di possibile flessibilità finalizzata a una visione moderna del processo di
entrata dei giovani nel mondo del lavoro.Il messaggio ò chiaro: i contributi se
possibile non vanno pagati, a beneficio delle aziende, qualunque cosa
combinino, e anche a scapito dei lavoratori.E significa mettere la firma su un
ben preciso concetto: e’ possibile creare nuove occasioni di lavoro solo
tollerando il lavoro nero legalizzato. E’ vero, non c’e’ la firma “diretta”delle
Istituzioni, sotto quel protocollo. Non ce la possiamo in teoria prendere con
nessun responsabile politico. Ma e’ anche peggio: in pratica , con la
riproposizione di un vecchio cavallo di battaglia di certo sindacalismo “i
problemi li risolvano le parti sociali e il governo se ne stia fuori” di fatto
condiviso da forze politiche, di maggioranza e di opposizione, e’ tutto il
sistema che ha dato l’avallo politico alla fine del diritto del lavoro. Perche’
d’ora in poi le leggi regoleranno il nulla (il lavoro che non c’e’) e gli
accordi tra i sindacati complici il lavoro nero, l’unico che conviene e piace
alle aziende.
Da ultimo ci domandiamo come mai da una parte i sindacati
seppelliscano le norme sul lavoro e dall’altra gli stessi partecipino a
manifestazioni politico-partitiche a sostegno dell’art. 1 della costituzione.
Forse questa Costituzione piace cosi’ tanto a loro perche’ finora gli ha
consentito impunemente di creare tanti danni alle categorie che dovrebbero
difendere? O perche’ si sentono tutelati meglio, nei loro interessi da un
articolo fantasma (il 39) che inapplicato e’ meglio che lo rimanga il piu’ a
lungo possibile?
E poi, cari colleghi dei sindacati confederali, come mai le
vostre proposte contro la disoccupazione giovanile contemplano solo mega
assunzioni pubbliche che mai si realizzeranno (per gli evidenti problemi di
finanza pubblica) e non invece una precisa critica e proposta alternativa nei
confronti di un modello di sviluppo (quello dei grandi eventi come l’Expo 2015
o la TAV o le Olimpiadi presenti e future) che non ha potuto e non potra’ assicurare
ne’ uno sviluppo sostenibile ne’ (anche volendo essere minimalisti),tantomeno,
stabile e buona occupazione?
Ma ormai la frittata e’ fatta, a Milano. Sappiano i
lavoratori, anche quelli che lavoreranno a termine in Expo, che quei sindacati
firmatari sono rappresentativi, si, ma solo delle rersponsabilità nel disastro
esistenziale che vi procureranno. E che, grazie a dio, non esauriscono di certo
il panorama del futuro sindacalismo italiano, dal passato glorioso.
giovedì 12 settembre 2013
ILVA: ORA BASTA. ESPROPRIARE L'AZIENDA E I RIVA. LO STATO SI ASSUMA LE SUE RESPONSABILITA'. LETTA DIA DIMOSTRAZIONE DI SERVIRE A QUALCOSA.
“””””””””Economia
12/09/2013
Caos Ilva, l’annuncio del gruppo Riva
“1500
esuberi dopo i sequestri del Gip”
LAPRESSE
Il commissario dell’Ilva Enrico
Bondi
Sospese tutte le attività in tutti
gli stabilimenti italiani del gruppo
Ira dei sindacati: «Inaccettabile,
ennesima beffa per i lavoratori»
taranto
gli stabilimenti italiani del gruppo
Ira dei sindacati: «Inaccettabile,
ennesima beffa per i lavoratori»
Il gruppo Riva ha annunciato che da domani metterà in libertà circa 1.500 addetti che operano nelle 13 società riconducibili alla famiglia e oggetto del sequestro di beni e conti correnti per 916 milioni di euro operato dalla Guardia di finanza nell’ambito dell’inchiesta tarantina per disastro ambientale. Lo rende noto la Uilm nazionale.
La messa in libertà riguarderebbe vari siti produttivi che il gruppo Riva possiede in tutta Italia. Nel capoluogo ionico l’unica società interessata sarebbe “Taranto Energia”, che conta 114 dipendenti. L’azienda ha già convocato per domani i sindacati di categoria, pare prospettando problemi per il pagamento degli stipendi.
Riva Acciaio conferma in una nota la cessazione da oggi di tutte le attività dell’azienda, esterne al perimetro gestionale dell’Ilva, e relative a sette stabilimenti in cui sono impiegati circa 1.400 persone. La decisione viene motivata con il sequestro preventivo penale del Gip di Taranto. Riva Acciaio spiega nel dettaglio che da oggi cesseranno tutte le attività dell’azienda, tra cui quelle produttive degli stabilimenti di Verona, Caronno Pertusella (Varese), Lesegno (Cuneo), Malegno, Sellero, Cerveno (Brescia) e Annone Brianza (Lecco) e di servizi e trasporti (Riva Energia e Muzzana Trasporti). «Tali attività non rientrano nel perimetro gestionale dell’Ilva - afferma l’azienda - e non hanno quindi alcun legame con le vicende giudiziarie che hanno interessato lo stabilimento Ilva di Taranto».
«La decisione - afferma la società -, comunicata al custode dei beni cautelari, Mario Tagarelli, e illustrata alle rappresentanze sindacali dei diversi stabilimenti coinvolti, si è resa purtroppo necessaria poiché il provvedimento di sequestro preventivo penale del Gip di Taranto, datato 22 maggio e 17 luglio 2013 e comunicato il 9 settembre, in base al quale vengono sottratti a Riva Acciaio i cespiti aziendali, tra cui gli stabilimenti produttivi, e vengono sequestrati i saldi attivi di conto corrente e si attua di conseguenza il blocco delle attività bancarie, impedendo il normale ciclo di pagamenti aziendali, fa sì che non esistano più le condizioni operative ed economiche per la prosecuzione della normale attività».
«Riva Acciaio impugnerà naturalmente nelle sedi competenti il provvedimento di sequestro, già attuato nei confronti della controllante Riva Forni Elettrici e inopinatamente esteso al patrimonio dell’azienda - conclude l’azienda -, in lesione della sua autonomia giuridica, ma nel frattempo deve procedere alla sospensione delle attività e alla messa in sicurezza degli impianti cui seguirà, nei tempi e nei modi previsti dalla legge, la sospensione delle prestazioni lavorative del personale (circa 1.400 unità), a esclusione degli addetti alla messa in sicurezza, conservazione e guardiani degli stabilimenti e dei beni aziendali».
Durissima la replica dei sindacati dopo l’annuncio dell’azienda: «Siamo di fronte a un ennesimo epilogo inaccettabile - tuona la Fim-Cisl - Diffidiamo l’azienda ad avviare la messa libertà dei lavoratori e la invitiamo a ricorrere immediatamente all’utilizzo degli ammortizzatori sociali. Invitiamo altresì la procura in tempi rapidi, a scorporare dal provvedimento di confisca tutto ciò che impedisce la normale prosecuzione dell’attività produttiva e lavorativa. Non accetteremo questa ennesima beffa ai danni dei lavoratori che non hanno nessuna responsabilità». “””””””””
COMMENTO ALM-AGL:
Come era prevedibile , questa vicenda
dell'ILVA si sta trasformando in una farsa per il popolo italiano e
in una tragedia per i lavoratori dell'ILVA e dell'indotto.
Non è accettabile che Stato e Governo
lascino soli Magistratura e Guardia di Finanza e non si schierino con
decisione in questa guerra tra la famiglia Riva (ma non erano stati
messi tutti in galera?) e quella parte delle istituzioni che sta
facendo il proprio dovere.
Che sta facendo il super commissario? E
i suoi collaboratori? Come mai tutta questa “timidezza” da parte
loro nel mettere mano alla situazione? Perchè ancora i dirigenti
dell'ILVA hanno così tanta mano libera?Perchè Letta, Alfano,
Zanonato, Giovannini, Vendola sono così evanescenti? A suo tempo
denunciammo i finanziamenti dei Riva ai vertici dei massimi
schieramenti politici. Ne chiedemmo la restituzione, mai avvenuta.
Dobbiamo pensare male? Erano solo la punta di un iceberg? Forse i
Riva sono così tutelati dalla politica perchè si teme che rivelino
cose sconvenienti?
Se lo strumento commissariale si sta
rivelando inconsistente, si abbia il coraggio si andare oltre.
SUBITO! Si espropri l'ILVA, venga incamerata dallo Stato, metta a
capo di essa dei veri imprenditori e non dei pirati, si chieda la
collaborazione internazionale (il recente G20 non aveva decretato la
fine dei paradisi fiscali?) per recuperare anche all'estero i beni
dei Riva e metterli al servizio della collettività. E, per favore,
i sindacati “rappresentativi”, che si sono rivelati marionette,
in questa vicenda, la finiscano di interporsi tra l'ira dei
lavoratori e la famiglia Riva. Perchè tante attenzione a quei
“Signori” da parte loro? Anche in questo caso dobbiamo pensare
male?
In altri momenti abbiamo espresso il
nostro parere sul futuro dell'industria siderurgica italiana e su
quelle che avrebbero già dovuto essere vere scelte strategiche,
altro che il campare alla giornata in questo tragicomico ping pong.
Ma qui , in questo specifico caso, è
diverso. Va assicurata la sopravvivenza di questi lavoratori, va
risanato l'ambiente, va recuperata la potenzialità produttiva, va
respinto il ricatto criminale. E poi ne sta andando di mezzo la
dignità nazionale, messa in discussione da un manipolo di
imbroglioni. Spesso si parla a vanvera di ruolo regolatore dello
Stato nell'economia. Se questo Governo e questa Maggioranza ritengono
di essere così utili al Paese ce lo dimostrino in questa occasione,
espropriando l'ILVA e i Riva, affidando questa azienda ad altri
imprenditori che abbiano a cuore l'interesse nazionale (per carità,
lasciamo perdere le nazionalizzazioni, non per pregiudizio ma per
evitare che rientrino dalla finestra personaggi impresentabili legati
a doppia fila con certa politica).IMMEDIATAMENTE!
ALM Alleanza Lavoratori
Metalmeccanici aderente all'AGL
mercoledì 7 agosto 2013
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO: I SINDACATI INTERNI CONTRO LA VIGILANZA SULLE COOPERATIVE: PAGHERANNO LORO I SOLDI PERSI DALL'ERARIO?
Tratto da http://www3.varesenews.it/
“”””””””””Busto
Arsizio
Leader del catering e del lavoro nero, 14 denunciati
Le Fiamme Gialle
di Gallarate e la Procura di Busto hanno fatto luce su un sistema di
società di catering e facchinaggio che fornivano servizi di
ristorazione di alto livello, ma reclutavano e pagavano i lavoratori
in nero
Feste vip, la settimana della moda,
grandi eventi, cene eleganti a San Siro, matrimoni nei luoghi più
esclusivi: questi erano gli appuntamenti per i quali fornivano il
loro servizio cinque società di catering e 4 cooperative di
facchinaggio risultate evasori totali e centrali dello
sfruttamento del lavoro nero, scoperte dalla Guardia di
Finanza di Gallarate e dal sostituto procuratore della
Repubblica di Busto Arsizio, Francesca Parola. I
risultati dell'operazione "Wild Catering"
sono stati presentati questa mattina nella sala riunioni degli uffici
di largo Giardino dal procuratore facente funzioni Eugenio
Fusco, dal comandante provinciale delle Fiamme Gialle
Antonio Morelli e dal capitano Paolo Pettine
della Compagnia di Gallarate (alla sua ultima
indagine prima di trasferirsi a Roma, ndr). I numeri snocciolati
dal capitano svelano la grandezza del giro d'affari: oltre 2100
lavoratori impiegati irregolarmente, 70 milioni di
euro sottratti al fisco, beni sequestrati per un
valore di oltre 3,5 milioni di euro, 14 persone
denunciate.
L'indagine è partita da un articolo che raccontava l'esperienza di un lavoratore di una delle cooperative di facchinaggio: «In quell'articolo il lavoratore denunciava l'esistenza di un'organizzazione di caporali che sfruttava il lavoro di persone bisognose nella zona del Basso Varesotto - ha spiegato il comandante Morelli - da lì abbiamo avviato l'indagine condotta dagli agenti di Gallarate in maniera impeccabile». Da quella denuncia si è scoperto che i caporali in provincia di Varese erano tre e attorno a loro gravitavano almeno un centinaio di persone che venivano chiamate per lavorare in queste occasioni mondane tra la provincia di Varese e quella di Milano. I lavoratori venivano pagati in nero dalla società di catering circa 12 euro l'ora, di questi 2 euro all'ora andavano al caporale oltre ad una sorta di pizzo di 5 euro giornaliere per quello che nel sistema veniva definito "diritto di chiamata". Un lavoratore che lavorava 10 ore, quindi, incassava 120 euro e ne girava 25 allo sfruttatore.
L'inchiesta ha svelato un sistema molto articolato e ampio. Le verifiche fiscali sulle cooperative di facchinaggio ha permesso di scoprire che, a capo delle società, vi erano nullatenenti o stranieri (in particolare cingalesi, ndr) e che queste avevano una vita media inferiore ai due anni per evitare verifiche fiscali. Ogni anno e mezzo, quindi, la cooperativa veniva chiusa e riaperta con un altro nome in modo da sfuggire ai controlli. L'imponibile evaso è risultato consistere in 56 milioni di euro mentre 11 sono i milioni di euro di Iva evasa. Le società hanno tutte sede a Milano e ora sono oggetto di ulteriori verifiche da parte della Procura di Milano. Oltre all'evasione fiscale le Fiamme Gialle hanno anche contestato il nuovo reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, introdotto a settembre 2011. Infine vale la pena sottolineare i sequestri effettuati: immobili di pregio a Milano, beni mobili e gioielli di grande valore per un ammontare complessivo stimato in 3,5 milioni di euro. Anche così venivano spesi i soldi sottratti al fisco e sulle spalle delle tante persone che vivono ai margini del mercato del lavoro.
L'indagine è partita da un articolo che raccontava l'esperienza di un lavoratore di una delle cooperative di facchinaggio: «In quell'articolo il lavoratore denunciava l'esistenza di un'organizzazione di caporali che sfruttava il lavoro di persone bisognose nella zona del Basso Varesotto - ha spiegato il comandante Morelli - da lì abbiamo avviato l'indagine condotta dagli agenti di Gallarate in maniera impeccabile». Da quella denuncia si è scoperto che i caporali in provincia di Varese erano tre e attorno a loro gravitavano almeno un centinaio di persone che venivano chiamate per lavorare in queste occasioni mondane tra la provincia di Varese e quella di Milano. I lavoratori venivano pagati in nero dalla società di catering circa 12 euro l'ora, di questi 2 euro all'ora andavano al caporale oltre ad una sorta di pizzo di 5 euro giornaliere per quello che nel sistema veniva definito "diritto di chiamata". Un lavoratore che lavorava 10 ore, quindi, incassava 120 euro e ne girava 25 allo sfruttatore.
L'inchiesta ha svelato un sistema molto articolato e ampio. Le verifiche fiscali sulle cooperative di facchinaggio ha permesso di scoprire che, a capo delle società, vi erano nullatenenti o stranieri (in particolare cingalesi, ndr) e che queste avevano una vita media inferiore ai due anni per evitare verifiche fiscali. Ogni anno e mezzo, quindi, la cooperativa veniva chiusa e riaperta con un altro nome in modo da sfuggire ai controlli. L'imponibile evaso è risultato consistere in 56 milioni di euro mentre 11 sono i milioni di euro di Iva evasa. Le società hanno tutte sede a Milano e ora sono oggetto di ulteriori verifiche da parte della Procura di Milano. Oltre all'evasione fiscale le Fiamme Gialle hanno anche contestato il nuovo reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, introdotto a settembre 2011. Infine vale la pena sottolineare i sequestri effettuati: immobili di pregio a Milano, beni mobili e gioielli di grande valore per un ammontare complessivo stimato in 3,5 milioni di euro. Anche così venivano spesi i soldi sottratti al fisco e sulle spalle delle tante persone che vivono ai margini del mercato del lavoro.
11/07/2013
Ci
complimentiamo con la Guardia di Finanza di Gallarate e con la
Procura della Repubblica di Busto Arsizio per questo grande risultato
della loro attività. Loro hanno il compito di reprimere questi
fenomeni e lo fanno in maniera eccezionale.
Ma
prima della repressione dovrebbe esserci la PREVENZIONE che, nel
nostro Paese, riguardo alle Cooperative è organizzata prevedendo che
in teoria ogni due anni una ben determinata Amministrazione, il
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, avrebbe il dovere, tramite
revisori statali appositamente abilitati, di visitare ogni
cooperativa e di esaminare la regolarità del suo funzionamento.
Se
ci fosse stata questa prevenzione, molto probabilmente,quei 67
milioni di euro relativi a questa vicenda a quest'ora sarebbero nelle
casse dell'Erario e non in mano a dei delinquenti.
Anche
uno sciocco quindi capirebbe che chi non effettua questa prevenzione
o ne ostacola l'espletamento provoca DANNO ERARIALE PER CENTINAIA DI
MILIONI DI EURO
Il
Ministero, da anni, ha a disposizione per questa attività dei
funzionari statali che provengono per lo più dal Ministero del
Lavoro e, solo di recente, anche dall'Agenzia delle Entrate e dallo
stesso Ministero dello Sviluppo Economico.
Chi
volesse farsi una cultura sulle vicende di questa vigilanza (che ha
mille problemi e che è stata sempre ostacolata ) potrebbe scorrere i
numerosi articoli che abbiamo prodotto. Quindi non intendiamo tediare
ulteriormente i lettori non interessati.
L'opinione
pubblica deve sapere che , nel silenzio complice di tutte le
organizzazioni sindacali del Ministero dello Sviluppo Economico,
anche la poca prevenzione finora fatta rischia di sparire del tutto.
Abbiamo
letto, inorriditi, il seguente passaggio di un documento sindacale
CGIL che qui riportiamo:
“””””””””Oggetto:
comunicato contrattazione 12 giugno
2013
[cid:image002.jpg@01CE7104.66D05420]
Ministero dello sviluppo economico
COMUNICATO FP CGIL
RIUNIONE DI CONTRATTAZIONE 12 GIUGNO 2013 Revisioni cooperative
L’Amministrazione fornisce l’informativa in merito alla
programmazione dei prossimi quattro corsi di aggiornamento per
revisori di cooperative, destinati al personale della periferia, che
si svolgeranno tra luglio e ottobre.[cid:image002.jpg@01CE7104.66D05420]
Ministero dello sviluppo economico
COMUNICATO FP CGIL
Quanto alla formazione di nuovi ispettori, è in programma un corso destinato al personale MISE centrale per complessivi 30 posti, di cui 15 sarebbero riservati al personale già nella graduatoria 2011, e 15 al personale della DG PMI Enti cooperativi. L’Ufficio formazione prevede la possibilità di realizzare altri corsi fino all’esaurimento della graduatoria 2011, che attualmente consiste di 77 persone.
Un altro corso, per le sedi periferiche, dovrebbe partire, previa emanazione della relativa circolare, il 23 settembre.
Le OO.SS. evidenziano la necessità di risolvere l’annosa problematica legata alle funzioni ispettive: l’avvalimento con il Ministero del Lavoro e l’Agenzia delle entrate impedisce al MISE di gestire la competenza in piena autonomia e di effettuare una adeguata programmazione del lavoro. Occorre quindi un intervento forte del Gabinetto allo scopo di porre termine all’avvalimento e ricondurre la competenza in toto all’interno del Ministero.
Le OO.SS. ritengono pertanto di approvare al momento il solo svolgimento dei corsi di aggiornamento, subordinando l’approvazione dei corsi per nuovi revisori all’impegno dell’Amministrazione di ottenere dai vertici politici la progressiva cessazione dell’avvalimento e una seria programmazione della formazione 2013-2014, con la garanzia di esaurire la graduatoria ancora vigente.”””””””””
In pratica una organizzazione sindacale (e le altre, perchè non hanno nulla da dire, sono d'accordo?) chiedono (evidentemente per logiche burocratiche interne a una specifica Amministrazione che nulla hanno a che vedere con l'interesse pubblico) l'esclusione dall'attività di vigilanza degli Ispettori provenienti dal Ministero del lavoro e dall'Agenzia delle Entrate .
Chiedono che l'attività di revisione sia svolta dai soli dipendenti del Ministero dello Sviluppo Economico lasciando, di fatto, molte aree del paese scoperte e così facendo indebolendo notevolmente l'azione di controllo.
Alcuni avanzano il dubbio che questa operazione sia strumentale al passaggio della vigilanza sulle cooperative dallo Stato ai privati, cioè alle Centrali Cooperative che già oggi, in una situazione di mostruoso conflitto di interessi, sono incaricate della vigilanza nei confronti delle loro aderenti. Ossia, ogni 2 anni viene in cooperativa un ispettore pagato dalla cooperativa stessa attraverso il contributo versato alla propria associazione. Figuriamoci che tipo di vigilanza ne possa scaturire.
E' per questo che sollecitiamo sia gli ispettori stessi che il personale e i sindacati interni delle rispettive amministrazioni, i lavoratori delle cooperative , sia i politici che e la parte più sensibile della magistratura a monitorare attentamente la situazione e a intervenire, se necessario, per stroncare sul nascere questo attentato alla funzionalità dell'attività di vigilanza.
ALP-AGL Ispettori di Società Cooperative
sabato 8 giugno 2013
POSTE ITALIANE: EMERGENZA RECAPITO
(di Yasmina )
In Italia non tutti gli sportelli operano a servizio del pubblico, anzi alcuni di essi restano chiusi, creando non pochi disagi agli utenti, costretti ad estenuanti file per il pagamento di una semplice bolletta. La mancanza di sportelli a causa della carenza di personale, risulta essere solo una delle anomalie , che - sommata a tante altre - sta agitando i cittadini costretti ad adeguarsi agli sportelli naturalmente con spirito di rassegnazione e sopportazione.
Rimpiangiamo tutti gli anni in cui le Poste erano un Ente Pubblico e si occupava del suo compito: la consegna della posta e non , come accade ora in prevalenza, di servizi finanziari. Il problema della riorganizzazione degli uffici postali sta mettendo in crisi le famiglie di lavoratori e pensionati a causa delle attese interminabili per poter effettuare il pagamento di un conto corrente, per poter ritirare la pensione e per qualsiasi altra operazione postale, poiché tutti i servizi vengono erogati da pochissimi sportelli.
La difficoltà, nell’usufruire dei servizi postali ,diventa insostenibile ed è palese il fatto che il personale addetto agli sportelli, pur prodigandosi, è assolutamente carente rispetto ai compiti che è chiamato a svolgere.Siamo di fronte a un depauperamento dei servizi minimi essenziali , grave, perché incide su utenti per lo più anziani , malati, handicappati.
E' uno stillicidio di segnalazioni. L'ultima, quella di oggi: Foggia sepolta dalle raccomandate (clicca sul seguente link:http://foggia.ilquotidianoitaliano.it/dalla-provincia/2013/04/news/foggia-sepolta-da-raccomandate-poste-italiane-apra-nuovi-uffici-23067.html/ ).
Speriamo che il nuovo Governo che si sta formando assegni la giusta attenzione a questi fattori di disagio, che riguardano tutto il Paese, e che abbia il coraggio di bloccare immediatamente processi di ristrutturazione e riorganizzazione scellerati evidentemente orientati da interessi privatistici molto distanti da quello pubblico di garantire il buon funzionamento al servizio essenziale del recapito della posta.
YASMINA
In base alle norme vigenti cui deve attenersi
Poste Italiane SpA – ma ciò accade in tutto il mondo – il postino , per
consegnare una raccomandata, deve suonare al citofono. Se il destinatario non
risponde, deve lasciare un avviso. Ma prima di lasciarlo, deve assicurarsi che
la persona non ci sia effettivamente. E se accade che nello stesso condominio
non siano presenti in quel momento diverse persone? Oppure che qualcuno non sia
in grado di rispondere perchè malato o handicappato? Ebbene, il postino dovrebbe
caso per caso salire e consegnare la raccomandata alla porta. Ma la maggior
parte di essi non lo fa. Si riempiono gli atri dei palazzi di avvisi che ben
presto si trasformano in carta straccia e finiscono nella spazzatura. E questo è
un grave disservizio che procura danni economici e morali.
La colpa ovviamente non è dei postini ma di chi
li dirige e dell'Azienda.La quale ha sempre più problemi. E non solo nella fase
della consegna.
Dagli organi di stampa emergono i continui disagi causati
da ricorrenti problemi gestionali dell’azienda Poste italiane S.P.A. In Italia non tutti gli sportelli operano a servizio del pubblico, anzi alcuni di essi restano chiusi, creando non pochi disagi agli utenti, costretti ad estenuanti file per il pagamento di una semplice bolletta. La mancanza di sportelli a causa della carenza di personale, risulta essere solo una delle anomalie , che - sommata a tante altre - sta agitando i cittadini costretti ad adeguarsi agli sportelli naturalmente con spirito di rassegnazione e sopportazione.
Rimpiangiamo tutti gli anni in cui le Poste erano un Ente Pubblico e si occupava del suo compito: la consegna della posta e non , come accade ora in prevalenza, di servizi finanziari. Il problema della riorganizzazione degli uffici postali sta mettendo in crisi le famiglie di lavoratori e pensionati a causa delle attese interminabili per poter effettuare il pagamento di un conto corrente, per poter ritirare la pensione e per qualsiasi altra operazione postale, poiché tutti i servizi vengono erogati da pochissimi sportelli.
La difficoltà, nell’usufruire dei servizi postali ,diventa insostenibile ed è palese il fatto che il personale addetto agli sportelli, pur prodigandosi, è assolutamente carente rispetto ai compiti che è chiamato a svolgere.Siamo di fronte a un depauperamento dei servizi minimi essenziali , grave, perché incide su utenti per lo più anziani , malati, handicappati.
E' uno stillicidio di segnalazioni. L'ultima, quella di oggi: Foggia sepolta dalle raccomandate (clicca sul seguente link:http://foggia.ilquotidianoitaliano.it/dalla-provincia/2013/04/news/foggia-sepolta-da-raccomandate-poste-italiane-apra-nuovi-uffici-23067.html/ ).
Speriamo che il nuovo Governo che si sta formando assegni la giusta attenzione a questi fattori di disagio, che riguardano tutto il Paese, e che abbia il coraggio di bloccare immediatamente processi di ristrutturazione e riorganizzazione scellerati evidentemente orientati da interessi privatistici molto distanti da quello pubblico di garantire il buon funzionamento al servizio essenziale del recapito della posta.
YASMINA
giovedì 18 aprile 2013
martedì 16 aprile 2013
MILANO: TUTTE LE SCUSE BUONE (ORA QUELLA DEI ROM ) PER NON RISOLVERE IL DRAMMA (DI TUTTI) DELLE CASE POPOLARI
Ci dispiace, ma dobbiamo parlare fuori dal coro. Non schierandoci con nessuno se
non con la verità. Milano ha in comune, con le grandi metropoli l'annosa e
irrisolta questione delle case popolari.Un diritto, quello dei meno abbienti, di
avere un alloggio sociale, sembra diventato una chimera. Decine di migliaia le
famiglie che l'hanno richiesta finora, una fila enorme. Pochissime quelle
assegnate ogni anno. Tantissimi quelli che o non l'avranno mai o tra molto
tempo.Poi i fenomeni di contorno: un canone che molti definiscono basso (ma se
ciò sia vero occorrerebbe confrontarlo col reddito dell'inquilino), condizioni
degli alloggi spesso pietose, senza manutenzione perchè non ci sono i soldi.
Tanta morosità negli affitti, tante occupazioni abusive, alloggi in deroga
concessi con modalità da sempre molto chiacchierate.I malumori di chi paga tutte
le imposte perchè magari ha un reddito fisso, nei confronti di chi, lavorando in
nero o avendo un lavoro autonomo, scavalca il primo pur pagando meno tasse del
dovuto. I risentimenti degli italiani verso gli stranieri che spesso li
sopravanzano in graduatoria e hanno la casa prima. Ma la vera mina vagante è la
questione Rom. Se l'amministrazione è di centro destra, l'imperativo è:
cacciarli. Ma l'Unione Europea ci ha condannati (giustamente) per violazione dei
diritti umani . Se di centro sinistra : una politica di accoglienza che però ha
dei prezzi amari: soldi per garantire strutture ai rom che stranamente arrivano
prima di quelli destinati alle altre esigenze abitative dei residenti, paura per
i campi sia per i quartieri adibiti a civili abitazioni che per le attività
commerciali.
La cattiva politica (che abita dappertutto nei vari schieramenti) se ne approfitta per accampare scuse e per non risolvere i problemi. Si bada solo a soddisfare le pulsioni dei rispettivi elettorati, sperando di essere premiati alle prossime scadenze elettorali.
E' anche il fallimento della democrazia decentrata, per certi versi, in quanto è la dimostrazione che dal basso, nelle zone e nei comuni, i meccanismi di partecipazione non sono veramente efficienti e disgregano il tessuto democratico. Una guerra tra poveri, come tante, che nasce e si sviluppa nella capitale economica del Paese. Una vergogna, senza giustificazioni, perchè non vi sono ostacoli al libero esplicarsi delle prerogative di governo delle maggioranze che reggono le amministrazioni locali. Il sistema elettorale comunale è infatti unanimemente considerato come quello riuscito meglio, rispetto ad altri livelli istituzionali. Quindi non è un problema di governabilità ma di incapacità e di faziosità strumentale della classe politica e amministrativa locale. Le maggioranze si alternano ma tutte le scuse sono buone per non sistemare dal punto di vista abitativo tutti i cittadini bisognosi. Quello dei Rom è solo un pretesto per la polemica politica. Basterebbe copiare quanto fatto in altri paesi europei dove le problematiche del rapporto di questa comunità con il restante territorio sono state affrontate e risolte da anni.
La cattiva politica (che abita dappertutto nei vari schieramenti) se ne approfitta per accampare scuse e per non risolvere i problemi. Si bada solo a soddisfare le pulsioni dei rispettivi elettorati, sperando di essere premiati alle prossime scadenze elettorali.
E' anche il fallimento della democrazia decentrata, per certi versi, in quanto è la dimostrazione che dal basso, nelle zone e nei comuni, i meccanismi di partecipazione non sono veramente efficienti e disgregano il tessuto democratico. Una guerra tra poveri, come tante, che nasce e si sviluppa nella capitale economica del Paese. Una vergogna, senza giustificazioni, perchè non vi sono ostacoli al libero esplicarsi delle prerogative di governo delle maggioranze che reggono le amministrazioni locali. Il sistema elettorale comunale è infatti unanimemente considerato come quello riuscito meglio, rispetto ad altri livelli istituzionali. Quindi non è un problema di governabilità ma di incapacità e di faziosità strumentale della classe politica e amministrativa locale. Le maggioranze si alternano ma tutte le scuse sono buone per non sistemare dal punto di vista abitativo tutti i cittadini bisognosi. Quello dei Rom è solo un pretesto per la polemica politica. Basterebbe copiare quanto fatto in altri paesi europei dove le problematiche del rapporto di questa comunità con il restante territorio sono state affrontate e risolte da anni.
giovedì 11 aprile 2013
AL VIA A MILANO IL PROCESSO PER L'AVVELENAMENTO DI UN FARMACISTA DA PARTE DI UN IMPRENDITORE DELL'AUTOTRASPORTO: IPOTESI INQUIETANTI AL VAGLIO DEI GIUDICI
Molti ricorderanno il fatto di cronaca
che ebbe qualche tempo fa risonanza nazionale. L'anomalo omicidio,
tramite avvelenamento, da parte di un imprenditore in difficoltà
dell'”amico” farmacista.
La vicenda torna alla ribalta (lo
testimonia l'articolo apparso ieri sulla cronaca milanese di
Repubblica e che qui riportiamo) perchè è arrivato il momento
dell'inizio del processo. Saranno i giudici a dirimere la questione e
non sarà un compito facile. Certo, la linea difensiva
dell'imprenditore scelta da parte dell'Avvocato Andrea Benzi, del
Foro di Milano, se le gravi ipotesi che innanzitutto la Squadra
Mobile ha avanzato (delitto consumatosi all'interno di un giro di
usura in cui sono coinvolti anche pregiudicati appartenenti a clan
mafiosi) saranno confermate dai giudici , non potrà non dipingere
anche un preoccupante affresco delle condizioni nelle quali la
piccola impresa oggi si trova a operare nel nostro Paese, in
particolare al nord. L'imprenditore, Gianfranco Bona, era a capo di
una impresa dell'autotrasporto che contava una ventina di dipendenti.
Il nostro Sindacato, l'AGL, si è adoperato in prima persona, nei
mesi scorsi, tramite accordi individuali stipulati in sede sindacale,
affinchè per i lavoratori fosse garantita una uscita indolore
dall'azienda ormai cessata e a rischio di fallimento. Una vicenda
amarissima che dimostra come due questioni, pur da tempo all'ordine
del giorno della polemica politica (le Pubbliche Amministrazioni che
non saldano i propri debiti con le imprese fornitrici e il ruolo
sconcertante da parte del sistema bancario nel creare più difficoltà
possibili al sistema delle imprese e ai suoi lavoratori) irrisolte
per mancanza di volontà da parte di chi ha governato finora il
Paese, stanno mietendo vittime (pensiamo ai suicidi) tra
imprenditori, professionisti e soprattutto i lavoratori e le loro
famiglie che finiscono sul lastrico. In Italia si suol dire che il
potere pubblico si muove tardi sulle situazioni più a rischio e solo
quando ci scappa il morto. Ecco, qui non solo i morti ci sono da mesi
ma abbiamo l'impressione che un po' tutti ci stiamo facendo
l'abitudine. Non solo quindi un paese in decadenza per la crisi
globale ma, purtroppo , un'Italia che sta sempre più sprofondando
nell'indifferenza, nella violenza e nella barbarie. Inutile dire che
se è la mafia l'unico prodotto italiano per il quale va a gonfie
vele sia l'esportazione (valga a dimostrarlo l'ultimo libro di
Saviano in cui si osserva che il modello italiano è sempre più il
punto di riferimento per le più spietate cosche nel mondo) sia il
mercato interno (assieme all'usura può entrare nelle vite di tutti,
come questo fatto di cronaca conferma) allora sono in pericolo la
convivenza civile e la democrazia. E significa pure che la spinta
propulsiva delle vecchie associazioni anti mafia e anti usura forse
si è esaurita e finalmente è arrivata l'ora che ogni partito, ogni
sindacato (come noi dell'AGL), ogni organizzazione datoriale, ogni
ordine professionale debba prendere in mano queste bandiere, senza
più delegarle ad avanguardie solitarie.
domenica 24 marzo 2013
LOMBARDIA: NELL'ATTESA DEL NUOVO, AI LAVORATORI NON RESTA CHE PIANGERE
In Lombardia, da qualche settimana, c'è
un nuovo governatore il quale , forse memore della lontana esperienza
come Ministro del Lavoro, ha inaugurato il proprio mandato
incontrando i dirigenti regionali della Triplice sindacale (alla
faccia della novità). I quali, quasi sorpresi da tale apertura ed
esposizione mediatica, non si sono risparmiati in complimenti ed
apprezzamenti. Pur facendo presente che si aspettano da lui
fondamentalmente soldi per tamponare l'emergenza sociale che, se
andrà avanti di questo passo, rischia di mettere in discussione
l'esistenza delle istituzioni nazionali e locali nonché degli stessi
sindacati storici.
Qualche organo di stampa, evocando la
consapevolezza che da sempre si ha a Milano di essere un po' il
laboratorio di tutto quanto sa produrre di nuovo il Paese, ha cercato
di personalizzare questa chance di ripresa, individuando le presunte
punte di diamante, coloro che in un futuro lontano ricorderemo
(speriamo!) essere stati protagonisti della salvezza. Un po' come
quelle squadre che, avvicinandosi i mondiali, mettono in vetrina i
loro campioni. Sappiamo però non essere infrequente che qualcuno di
essi, alla fine della rassegna, deluda , a vantaggio, magari, di
qualche altro protagonista che emerge all'improvviso da dietro le
quinte. Una delle caratteristiche dei nostri tempi è l'assunzione
dell'”impresa” quale bene assoluto. Una volta si era consapevoli
che qualsiasi evoluzione non avrebbe potuto verificarsi senza un
contributo determinante del mondo del lavoro, inteso come quello dei
dipendenti (all'epoca gli atipici non erano diffusi come ora) . Oggi,
addirittura, viene , consciamente o meno, identificato il mondo del
lavoro e della produzione come costituito unicamente dalle imprese o
dagli imprenditori. Il lavoro dipendente o precario viene percepito
come una palla al piede, gente incapace di farsi da sé, che accampa
solo diritti e si rifiuta di accettare doveri, che vuole essere
mantenuta, appunto da chi produce e tira la carretta. Ne discende la
svalutazione di tutti coloro che, ad esempio, dirigono i sindacati,
conferendo eventualmente, piccoli riconoscimenti solo a quei
sindacalisti più responsabili, disponibili al dialogo e al
compromesso con quello che una volta si chiamava padronato. Il nostro
non è ancora un paese straccione e non c'è dubbio che gran parte di
coloro che compongono la classe dirigente imprenditoriale conservano
un portamento e dei modi che ancora fanno intravvedere le tracce di
quella che tempo fa si chiamava aristocrazia industriale. Sempre in
Lombardia, anche la politica, più velocemente che altrove (siamo a
Milano, no?) ha saputo cambiare volto (solo quello). L'attuale
presidente ha ormai una lunga storia politica ed istituzionale e
certe uscite ed episodi rivoluzionari sono solo un lontano ricordo.
Sembrerebbe, quindi, uno schieramento pienamente all'altezza dei
compiti che l'attendono. Ma qualcosa ci dice che questa è soltanto
una speranza che ha poca possibilità di trasformarsi in realtà.
Anche se nel salone i balli sono ripresi, l'iceberg si avvicina e i
condottieri, per storia personale, non sono, ad una attenta analisi,
così rassicuranti. Ad esempio un tratto che li accomuna è quello
di essere dei superstiti della bufera che ha colpito i loro partiti e
associazioni. E, come accade spesso, non sono sempre i migliori a
sopravvivere ai disastri. Uno, ad esempio, è scampato a una mancata
estinzione del proprio movimento, presente solo in una parte del
paese e con obbiettivi perseguiti solo a parole ma lontani dal
tradursi in fatti, dopo una ondata di scandali e sospetti di
inquinamento ad opera della criminalità organizzata, dovendo fare
fuori un capo vecchio, stanco e malato in fretta e furia, senza un
convincente ricambio della classe dirigente. Tanto che il vecchio
governatore , appartenente agli alleati/rivali, dopo vent'anni ha
lasciato ma sarà difficile che il sistema di potere edificato lasci
poi così libero di agire chi è subentrato. Un altro si è visto
proiettato ai vertici della sua Associazione, pur , per sua
ammissione, non possedendo i requisiti del leader carismatico, dopo
la fine del mandato di una presidentessa tanto sensibile alle sirene
politiche montiane quanto incapace di cogliere il tentativo, da parte
del top manager della più grande industria italiana , solo per
perseguire interessi del proprio gruppo, di delegittimare la ragion
d'essere di quella storica associazione. Un altro di essi a sua
volta subentrato , non di recente, non per meriti propri ma per
tamponare il vuoto di un predecessore dimissionario coinvolto in
scandali e vicende giudiziarie : Egli verrà ricordato solo per
essere stato protagonista di un processo di unificazione delle
confederazioni del commercio e dell'artigianato che ha prodotto un
entità che oggi conta meno della somma degli addendi, categorie con
le quali nessun governo ha mai stretto accordi in prima battuta ma ha
solo e sempre chiesto la ratifica (irrefutabile) di intese già
raggiunte con soggetti datoriali ben più potenti. Un altro ancora,
fresco di nomina, è stato arruolato a causa dei problemi giudiziari
dell'ex presidente relativi al periodo in cui egli era a capo di uno
dei primi tre gruppi bancari del paese e oggi non trova di meglio
che prenderci in giro dichiarando da una parte che vorrà banche
indipendenti dalla politica e, subito dopo, che le stesse
perseguiranno interessi sociali tramite le fondazioni (che tutti
sappiamo essere il veicolo di influenza di certi partiti sulle banche
stesse).
Tutti questi signori,
rispettabilissimi, non ci spiegano però come sarà possibile, in
queste condizioni, che la Lombardia abbia dallo Stato e dal Governo
le risorse da redistribuire (seppur le promesse, alle parti sociali,
sono state già fatte) e cosa intendano proporre, di nuovo, nelle
relazioni sindacali, sempre che si sia convinti che un qualche
contributo, dal mondo del lavoro, quello vero, sia necessario e
desiderato. Poichè, forse non tutti se ne sono accorti, con questa
storia della CGIL e della FIOM che dicono no a tutto (e bloccano
qualsiasi modernità) da una parte e , dall'altra, che gli unici
sindacati buoni (come gli indiani) sono quelli morti (ossia quelli
che firmano con loro accordi in danno dei lavoratori) l'economia è
ferma, i soldi non si vedono più, i giovani laureati emigrano e in
mezzo rimangono lavoratori, famiglie e micro imprese con i mesi di
vita contati. Se sono questi coloro a cui dovremo affidare la ripresa
della Lombardia e dell'Italia allora potremo stare davvero freschi.
venerdì 22 marzo 2013
SABATO 23.3.2013, ORE 17, MILANO, IL SEGRETARIO GENERALE INCONTRA I LAVORATORI FILIPPINI
Domani, sabato 23.3.2013, alle ore 17, presso la sede AGL di Milano, il Segretario Generale dell'AGL Roberto Fasciani incontrerà i lavoratori e le lavoratrici filippine.
domenica 17 marzo 2013
DANIEL PLESEA: “INSIEME PER COSTRUIRE IL FUTURO DI TUTTI”
Saluto tutti i lavoratori del
Commercio, del Turismo e dei Servizi della città e della provincia
di Milano.
Vorrei presentarmi facendo cenno ad
alcune mie importanti esperienze. Pur se relativamente giovane (36
anni) ho una lunga storia di lavoro in molti paesi d'Europa: Belgio,
Germania, Francia, Olanda, Ungheria, Bulgaria, Russia, Moldavia,
Turchia.
Ho sempre lavorato duramente e solo da
poco tempo ho ritenuto fosse il momento di impegnarmi seriamente nel
Sindacato. Allo scopo, soprattutto, di poter aiutare e difendere i
lavoratori e , cosa più importante, di cercare di cambiare in
maniera incisiva il sistema lavorativo e i processi di inserimento al
lavoro.
In particolare , poi, non dobbiamo
dimenticare che il mondo del lavoro vede ormai una altrettanto
importante presenza sia degli uomini che delle donne.
E tutto ciò in una fase di crisi senza
precedenti che richiede, ancor più di ieri, la capacità di creare
rapporti, collegamenti, sinergie tra tutti gli ambiti produttivi
coinvolti.
Ogni parte del mondo del lavoro ha la
sua importanza per la nostra crescita economica e per il benessere
delle famiglie.
Per questo motivo la mia Federazione
cercherà di intervenire con pari forza e incisività in tutti questi
settori, nessuno escluso.
Ho intravvisto in quanto fatto fin
d'ora dall'AGL proprio questa mia tensione e ciò mi ha convinto ad
accettare senza riserve e con entusiasmo la loro proposta che io mi
impegnassi con tutto me stesso nell'attività di dirigente sindacale
a tempo pieno.
Ho nella mia vita operato nei più vari
campi (dal Turismo ai Lapidei) acquisendo numerose specializzazioni
professionali . Questa concreta esperienza , indispensabile a mio
parere per poter essere un buon sindacalista, sarà senz'altro
fondamentale per far crescere il mio gruppo dirigente e la presenza
dell'ALCAMS-AGL nelle Aziende. Metterò a disposizione di tutti il
mio vissuto.
Mi aspetto di incontrarvi presto di
persona e sono a vostra disposizione per affrontare e risolvere
insieme ogni problema lavorativo, operando con rispetto per tutti i
lavoratori e le Aziende di tutti i rami del nostro settore.
DANIEL PLESEA
Segretario Provinciale di Milano
dell'ALCAMS-AGL
NUOVO SEGRETARIO PROVINCIALE DI MILANO DELL'ALCAMS-AGL
E' Daniel Vasile Plesea cui tutta la
Confederazione rivolge i migliori auguri di buon lavoro.
Questi i suoi recapiti:cell.
3894730850, e-mail ro_daniel@yahoo.com,
CATEGORIE DI COMPETENZA DELL'ALCAMS-AGL
Terziario, Turismo, Servizi, Agenti
immobiliari, Agenti e rappresentanti, Agenzie di lavoro interinale,
Grande distribuzione, Cooperative di Consumo, Terziario Avanzato,
Alberghi, Mense, Ristorazione collettiva, Imprese di viaggi e
turismo, Pubblici esercizi, Stabilimenti balneari, Acconciatura ed
estetica, Amministratori di condominio, Dipendenti da istituti per il
sostentamento del clero, Lavoro domestico, Colf, Badanti, Farmacie,
Imprese di Pulizia, Portieri, Studi professionali, Terme, Vigilanza
privata
domenica 10 marzo 2013
MILANO: 5 MILA LE CASE SFITTE ALER, 3000 QUELLE COMUNALI. MA QUANTE QUELLE OCCUPATE ABUSIVAMENTE?
Anche l'AIAM-AGL , Federazione
Inquilini , Assegnatari e Mutuatari aderente alla confederazione AGL
sollecita il Governatore Maroni e il Sindaco Pisapia ad affrontare
prioritariamente la grave questione degli alloggi sfitti, a Milano,
richiamando tutte le forze politiche e sociali ad una unità di
intenti nell'affrontare sollecitamente l'emergenza abitativa di
migliaia di famiglie, molte delle quali, in crisi, sono incappate in
sfratti per involontaria morosità. Appare altresì urgente, per
motivi di trasparenza e di rispetto della legalità, per evitare un
pericoloso scollamento tra istanze delle famiglie bisognose e
istituzioni, fare una volta per tutte chiarezza sull'annosa questione
delle case sfitte occupate abusivamente, censendo le stesse e
intervenendo in maniera graduale, accorta ma decisa, distinguendo tra
situazioni di effettivo e urgente bisogno, magari non emerso per
ritardi burocratici e quelle di ingiusta prevaricazione. Ed evitando
discriminazioni tra famiglie rimaste in silenzio ed altre che hanno
ritenuto opportuno tutelare i propri interessi attraverso movimenti
di varia natura i quali se hanno il merito di aver posto
all'attenzione dell'opinione pubblica situazioni emergenziali che
altrimenti sarebbero rimaste sconosciute saranno sicuramente i primi
a desiderare che ogni cittadino acceda all'alloggio sociale in base
al suo effettivo stato di bisogno.
domenica 3 marzo 2013
domenica 24 febbraio 2013
SOLIDARIETA' DELL'AGL AI LAVORATORI DELLA RAI E DI RCS MEDIAGROUP (TRA I QUALI I GIORNALISTI DEL CORRIERE DELLA SERA)
Rai: nonostante la cura dimagrante
annunciata dal Direttore Generale, da una parte vengono nominati 12
vicedirettori (con relative spropositate retribuzioni) e dall'altra
450 dipendenti saranno definitivamente fuori dall'Azienda. Poiché
150 di essi stanno resistendo, non possiamo che essere solidali con
loro e dirgli di tenere duro.
Un'altra importante entità della
cultura del nostro Paese, la RCS, sta attraversando una fase
drammatica, soprattutto per i propri lavoratori.640 esuberi di cui
200 giornalisti, la vendita o chiusura di 10 testate periodiche, la
vendita della sede del Corriere della Sera di Via Solferino, risparmi
sul costo del lavoro che significheranno riduzioni della
retribuzione. Tutto, sembra, non per una crisi di mercato ma per
errori del management. Anche qui la nostra piena solidarietà ai
lavoratori. Continueremo a seguire la vicenda.
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